Gallery exhibition – Installation view

  • “Non è molto facile formare un gruppo”

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Works

  • Works – Mario Nigro

    Works – Mario Nigro

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    Works – Mario Nigro

MARIO NIGRO

Pistoia, 1917

 

L’esordio artistico – come per molti altri suoi coetanei – avvenne entro la vivace cornice dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF), alla cui attività partecipò intensamente. Alla mostra di pittura e scultura organizzata nel 1940 dal GUF di Livorno, espose un fiero Autoritratto dal carattere ancora acerbo. Di questo periodo ricordò, nel 1986: «Poi [vi fu] la grande beffa ai primi mesi del ’43: organizzammo di cambiare il disegno della testata della pagina studentesca del locale giornale fascista [Sentinella Fascista]. Modificai certi simboli in modo che la bandoliera del soggetto risultava maledettamente somigliante ad una falce e la scure del fascio divenne un martello. Questa nuova testata venne pubblicata per una volta poi mi accorsi che ero sempre pedinato, cominciarono poco dopo i bombardamenti che dispersero pedinatori e pedinati». Dopo la fine della guerra fu da subito attivissimo: nel novembre 1945 tenne infatti una mostra a Livorno con il Gruppo Artistico Moderno, di cui fu uno dei fondatori. Tra il 1946 e il 1948 espose in numerose mostre collettive, dapprima adottando il linguaggio neocubista – allora assai diffuso in tutta Europa – poi virando verso un’astrazione geometrica caratterizzata da piatte stesure di colori puri. Testimonia chiaramente questa fase di passaggio una Natura morta datata 1947, nella quale brillanti e antinaturalistiche campiture di colore si scontrano con il segno nero, di matrice picassiana, di cui son fatti il tavolo e gli oggetti (coll. priv.; ripr. ibid., p. 52 n. 3). Con opere come questa si presentò nell’estate del 1947 alla Mostra di Pittura Italiana Contemporanea, allestita nel palazzo della Giornata di Pisa, una delle prime rassegne di interesse nazionale del dopoguerra. Visitata la XXIV Biennale di Venezia del 1948, chiarì una volta per tutte la propria linea di ricerca, inviando – già nel mese di giugno – un primo quadro astratto al Gran Premio Forte dei Marmi. In questo periodo entrò in contatto con il Movimento Arte Concreta (MAC), organizzazione che aveva sede a Milano e che mirava ad aprire un dialogo con la corrente concretista europea. L’ingresso nel MAC fu sancito, nel dicembre 1949, dalla mostra personale di disegni e tempere che tenne nelle sale della galleria Salto di Milano, sede espositiva del movimento. I dipinti di quel periodo alternavano motivi lineari a campiture uniformi e piatte, coniugando geometria e studio del movimento. A differenza degli altri compagni del MAC, si rifaceva apertamente al futurismo, e in particolare alle prime prove astratte di Giacomo Balla. Nel 1986 l’artista ricordava: «mi allacciavo più a certi problemi che costituivano la parte migliore del futurismo, come la derivazione della simultaneità, che doveva costituire il movimento dei futuristi, e che traducevo in simultaneità di linee e inpatterns iterativi con effetti ottici e una base programmata. Queste mie esperienze mi caratterizzavano, dal 1948 al 1950, con i ritmi continui simultanei e con i pannelli a scacchi». Nel 1950, insieme con gli amici Gianni Bertini e Ferdinando Chevrier, espose alla libreria Vallerini di Pisa dando vita a una sezione locale dell’Art Club, l’associazione fondata alcuni anni prima da Enrico Prampolini e Joseph Jarema. Nel febbraio 1951 tenne la seconda personale alla galleria Salto, e poco dopo prese parte alla grande rassegna Arte Astratta e Concreta in Italia, allestita nella Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Al 1951 risale un’altra personale, ordinata alla galleria Vigna Nuova di Firenze e, soprattutto, la partecipazione al VI Salon des Réalités nouvelles, ove espose Pannello a scacchi bianchi e neri (Pistoia, Museo di Palazzo Fabroni), in cui la serrata sequenza di piccoli motivi geometrici evocava Victory Boogie-Woogie, l’ultimo ciclo di Piet Mondrian. A proposito di questa sua opera, nel 1955 così si esprimeva: «Attraverso l’esempio della costruzione musicale, della sua quadratura, ho indagato sulla essenzialità degli elementi pittorici, nelle loro ripetizioni, variazioni, coincidenze, nelle loro possibilità simultanee. Sono potuto così arrivare alla formulazione, o meglio semplicemente ad accorgermi della esistenza di uno ‘spazio totale’ di cui si può avere sensazione nel quadro solo attraverso elementi astratti studiati nelle loro variazioni». Il tema dello ‘Spazio totale’, che discende direttamente dalle composizioni a scacchi, emerse con forza di lì a poco. In questo periodo espose con regolarità, tornando nell’estate del 1952 a Parigi per il VII Salon des Réalités Nouvelles. In questo stesso anno realizzò una scenografia per il monodramma Le quinte dell’anima di Nikolaj Evreinov (rappresentato alla Casa della cultura di Livorno), fu a Vienna per una mostra di arte concreta e tenne personali a Livorno (galleria Giraldi), Torino (Bar Club 40) e Firenze (galleria Numero). Al 1953 risalgono i primi dipinti dedicati allo ‘Spazio totale’, tema che lo impegnò per un lungo periodo. Le opere dello ‘Spazio Totale’ furono esposte per la prima volta, nell’estate del 1954, alla Mostra Nazionale Arte Non-Oggettiva allestita alla galleria Numero di Firenze; furono poi al centro di molte altre mostre, personali e collettive, tenute verso la metà del decennio. Nigro più volte ricordò che per questi suoi dipinti si era trovato a studiare «gli elementi plastici nelle loro ripetizioni, variazioni, simultaneità, coincidenze, giungendo così alla concezione di uno spazio totale dove forma e spazio si risolvono a vicenda in un superamento della bidimensionalità fisica […]: in questo spazio totale vi saranno ancora problemi di rappresentazione e di espressione, di scoperta e di invenzione». Attorno al 1956 il fitto intrecciarsi di reticoli geometrici, sigla inconfondibile dello ‘Spazio Totale’, cedette improvvisamente il passo a un nuovo interesse per la materia, a un espressionismo caratterizzato da forti contrasti cromatici. Si aprì così il ciclo delleTensioni Drammatiche, che giunse fino all’inizio degli anni Sessanta. I primi anni del nuovo decennio videro un recupero della dimensione geometrica, passata al filtro però di una più luminosa cromia, come dimostra la serie dei Collages Vibratili. Parallelamente fecero la prima comparsa le opere componibili, realizzate accostando sulla parete numerosi dipinti su tavola animati dai reticoli dello ‘Spazio Totale’. Nel 1964 esordì alla Biennale di Venezia. Il 1966 fu un anno decisivo per la pittura dell’artista pistoiese, contraddistinto dal superamento definitivo dello ‘Spazio Totale’. L’opera paradigmatica di questa svolta è Passaggio Psicologico – quattro colonne (coll. priv.; ripr. in M. N., 2009, p. 165, fig. 159), esposta per la prima volta alla galleria La Polena di Genova: «un quadro ambiente», scriveva Paolo Fossati, «costituito da quattro colonne a diversa lettura a seconda del movimento dello spettatore nella sala, cosicché questa è completamente determinata dalla emotività programmata dalle sequenze strutturali che coprono le facce opposte di ogni colonna» (in M. N., 1968, p. 76). Si aprì così il nuovo ciclo del ‘Tempo totale’, determinato da uno svolgimento nello spazio degli elementi pittorici. Fino al 1976 circa, i dipinti di Nigro, realizzati per lo più a tempera, si caratterizzarono per la seriazione, su un fondo bianco uniforme, di brevi linee colorate, che chiamò «strutture fisse con licenza cromatica». Nel 1978 fu alla XXXIX Biennale di Venezia, ove presentò Ettore e Andromaca, opera composta da dieci elementi dipinti monocromi, ciascuno dei quali attraversato da una sola linea retta colorata, testimonianza di una nuova «concezione costruttiva elementare geometrica», come Nigro stesso la definì: «non vi è nessuna rappresentazione prospettica, né bidimensionalità, né suddivisione architettonica del supporto. Delineo una linea trasversale secondo le derivazioni della sezione aurea […]. Non vi può essere sensazione di tempo o di spazio» (la dichiarazione, del 1977, è in M. N., 2009, p. 230). Al 1979 risale, tra l’altro, una grande mostra antologica allestita nelle sale del Padiglione d’arte contemporanea di Milano, a cura di Paolo Fossati, per la quale Nigro realizzò grandi disegni murali, caratterizzati dal ripetuto incrociarsi di linee diagonali. Durante gli anni Ottanta portò avanti con coerenza la propria ricerca, inaugurando nuovi cicli di opere, presentati al pubblico in occasione delle molte esposizioni personali. Tra il 1980 e il 1981, per esempio, dette vita alla serie del Terremoto, grandi tele dipinte ad acrilico, ove il fondo bianco è solcato da una drammatica linea a zig-zag (le prime prove di questo ciclo furono esposte alla galleria Toselli di Milano nel febbraio 1981). Nel 1983 presero forma gli Orizzonti, nutrito gruppo di tele attraversate da una sola linea orizzontale, ora continua, ora invece spezzata in tanti piccoli punti allineati.